In questo post vi parlerò
della Beat Records Company una storica casa discografica romana in attività da
quasi mezzo secolo. La sua attività è stata da sempre quella di pubblicare la
musica da film prodotta in Italia.
Per conoscere la
storia di questa gloriosa etichetta indipendente ho incontrato Daniele De
Gemini figlio del leggendario Franco De Gemini e attuale Direttore artistico
della società. L’incontro è stato sicuramente costruttivo. Daniele, dimostrando
molta cortesia e disponibilità, ci ha svelato diversi passaggi della vita della
Beat Records e ci ha anche indicato su quali criteri si basa l’odierna politica editoriale.
Musicittà:
Vorrei cominciare chiedendoti come è nata la Beat Record.
De Gemini: La Beat Record è nata nel 1966 dall’iniziativa
di tre professionisti romani che erano in parte editori e in parte
commercialisti, ma comunque collegati al mondo del cinema. Crearono questa
etichetta così come anche oggi si creano delle società: avere subito un
etichetta pronta e cercare poi, strada facendo, uno scopo. Però dopo due anni
non s’era ancora mossa paglia in questa società perché ognuno di loro aveva l’impegno
di seguire la propria attività, uno di loro, già coinvolto nel mondo della
musica, propose a mio padre Franco De
Gemini di provare ad avviare l’etichetta e quindi gli vendette delle quote
della società per coinvolgerlo maggiormente. Lui ne diventò l’amministratore e da
quel momento, gradualmente, ne divenne socio maggioritario e creò un catalogo
abbastanza nutrito specialmente di colonne sonore.
Musicittà: A proposito del catalogo, mi sembra
che nei primi anni ci fu, oltre che la presenza di musica per il cinema, anche
la presenza di musica leggera o comunque non strettamente legata al cinema.
De Gemini: Si è vero, i primi anni furono anche
gli anni dei complessi, dei cantanti, dei cosiddetti crooner. Vi era infatti una serie di 45 giri dedicata
proprio a queste produzioni, esse erano per
la maggior parte canzoni pop che all’epoca venivano promosse attivamente alle
radio, ai festival ed ai concorsi canori.
Diciamo che questa pratica è stata interrotta nei primi anni 70.
Musicittà:
E quindi da quel momento la Beat si è dedicata principalmente alla
musica per il cinema, anche se mi
risulta che ci siano in catalogo dei titoli di musica strumentale non
espressamente composta per il cinema. E poi ricordo che ci fu anche l’esperienza con il jazz.
De Gemini: Si... mio padre insieme a mia madre,
che era un po’ il suo braccio destro, gestiva diverse edizioni musicali collegate
a produzioni cinematografiche quali potevano essere quelle di Edmondo Amati
oppure quelle di Italo Zingarelli. Quindi produzioni cinematografiche anche abbastanza
importanti che all’epoca facevano parecchi film e questo
gli consentì di creare una sorta di circolo
virtuoso: da una parte suonava nelle
colonne sonore, dall’altra aiutava i produttori ad organizzare le musiche anche
facendoli risparmiare sulle produzioni e
da un'altra ancora creando un catalogo editoriale facente capo alle società dei
produttori. Veniva poi da essi coinvolto a vario titolo e a vario livello anche
editorialmente. Questa esigenza di musica per i film, per la tv e per i
programmi radio, lo portò a realizzare anche delle vere e proprie
libraries musicali, soprattutto orchestrali e
di ampio respiro, con vere e proprie orchestre. Questa musica aveva comunque un carattere internazionale
e veniva infatti promossa e venduta in
America e nei paesi di lingua anglosassone. Poi verso la metà degli anni ’80 si
è dedicato parecchio al jazz organizzando molti appuntamenti di jazz italiano.
Insieme a mia madre ha costruito da allora un bel catalogo di musica jazz che
vanta circa 70 album, fatti tutti con i migliori artisti italiani in attività,
artisti famosi in tutto il mondo come Dino e Franco Piana, Enrico Pieranunzi, Flavio Boltro, insomma gente di questo
calibro.
Enrico Pieranunzi |
Musicittà: Stai parlando della serie Pentaflower…
De Gemini: Si, la serie Pentaflower, ma diversi
album sono presenti anche su Etichetta
Beat.
Musicittà:
A proposito delle varie collane
ed etichette che fanno parte della Beat Record Company, quali ti risultano
essere le serie più significative, se ci sono?
De Gemini:
Le serie istituzionali sono due: la cosiddetta serie F dedicata principalmente
alle colonne sonore, dove comunque si possono trovare anche degli album un po’ sperimentali o produzioni particolari, come ad
esempio le poesie recitate e
musicate da Peppino De Filippo (si parla di “Peppino, poesie e musica” con
l’orchestra di Mario Bertolazzi ndr). Questa serie si è interrotta su vinile al
n. 70 per poi continuare su CD. Poi c’è
la serie CR che è prettamente dedicata alla musica da film per collezionisti, su
vinile si e’ interrotta al n. 15 mentre su CD siamo arrivati a 120. Le serie discografiche
in totale saranno circa 20 ma quelle più conosciute sono sicuramente queste due.
Musicittà: A questo proposito, esiste un tipo di colonna sonora, un
genere particolare che va per la maggiore nell’ambito delle colonne sonore?
De Gemini: Devo dire che ha avuto un certo seguito la cinematografia
di serie horror e poliziottesco o poliziesco all’italiana, entrambi hanno avuto
dei buoni riscontri di pubblico, infatti tra gli eventi che abbiamo organizzato
in passato, parlando di concerti di
musiche da film, abbiamo sempre favorito questi due generi: il poliziesco e l’horror.
Musicittà: Il
cinema di genere, insomma…
De Gemini: Si,
poi c’è anche il genere western che ha
sfondato i confini internazionali, culturali, di tutte le categorie e di tutte
le età. Anche il cinema western continua ad avere un grande riscontro di
appassionati delle relative colonne sonore.
Musicittà: E
per quanto riguarda gli autori, vi è qualche autore che vende di più?
De Gemini: Ti
devo dire che sono comunque i “cosiddetti Big” ad avere più seguito. Mi
riferisco, con i dovuti rapporti di celebrità, a maestri come Morricone, Trovaioli,
Piccioni, De Masi e Cipriani, anche Ortolani stesso. Devo comunque dire che tutti
i compositori di quel periodo sono riusciti alla lunga a ritagliarsi una fetta
di pubblico, di apprezzamento e di interesse sorprendente, anche magari quei
compositori che hanno fatto poche
colonne sonore o ne hanno fatto un quantitativo intermedio, come Roberto Pregadio,
Walter Rizzati, o Gianni Marchetti. Insomma devo dire che tutti, quando gli si
offre la ribalta con queste produzioni discografiche, ricevono sempre dei buoni consensi in quanto hanno tutti un comune minimo denominatore che
è una grande qualità alla base della loro produzione musicale e di questo la
gente se ne accorge e apprezza
Musicittà: Quali sono le caratteristiche che deve avere un
titolo per entrare a far parte del vostro catalogo?
De Gemini: La nostra stella cometa è senz’altro il fatto
se il prodotto è inedito o meno, questo è il primo sbarramento, mentre il
secondo consiste nell’appurare se c’è
della musica inedita rispetto a precedenti pubblicazioni. Inoltre esse devono
essere preferibilmente esaurite, perché se sono ancora in commercio evitiamo di
saturare il mercato. Anche il compositore è un elemento importante, come pure
il periodo storico, infatti quando ci si addentra troppo negli anni ‘80 la musica
diventa troppo elettronica e non riscontra un eccessivo gradimento, almeno
presso il nostro pubblico. Inoltre
consideriamo anche se il film ha fatto scalpore, suscitato interesse, se è diventato un cult o meno , se ci sono
personaggi coinvolti nel cast e nella regia che destano particolare interesse,
perché non sempre un prodotto viene
comprato solo per la musica, è anche il film
a fare da traino rispetto alla musica stessa. Nella stragrande
maggioranza delle volte però è vero il contrario, ci sono opere filmiche di
scarso spessore che vengono riscoperte, disgraziatamente e parlo di alcuni film
che sarebbe meglio dimenticare, per delle colonne sonore di spessore e di ampio respiro.
In ultima analisi, la scelta può avvenire anche
per motivi affettivi. Ad esempio abbiamo ristampato a dicembre Le Ruffian di
Ennio Morricone solo perché ci suonava l’armonica mio padre. E non c’era una
singola nota in più rispetto all’album precedente che comunque era esaurito. Con
questa ristampa volevamo fare un omaggio a Franco.
Posso
farti inoltre anche l’esempio di Fantozzi. Abbiamo fatto un cofanetto col primo
e secondo Fantozzi, per il quale ho
sputato sangue per tre anni, perché io da piccolo vedevo Fantozzi e mi piaceva l’idea di mettere la firma, anche se
marginalmente, su una cosa che contribuiva ad interpretare quel piccolo
fenomeno sociale quale era la filmografia di Fantozzi. Tutto questo è stato per me un onore. Per
questo l’abbiamo pubblicato, anche se non è era una operazione prettamente
commerciale, anzi. Io penso che bisogna fare anche questo, non cibare solo lo
stomaco ma anche lo spirito.
Musicittà: Una domanda tecnica: il lavoro che sta dietro
la pubblicazione di un opera, quindi l’editing, include anche un contributo
degli autori? Ovviamente quando questo sia possibile.
De Gemini: Ci
sono alcun compositori che sono legati ad una sorta di approvazione del
progetto, ma sono pochi in realtà.
Altri invece si fidano ad occhi chiusi, la stragrande maggioranza per la
verità. Ma in entrambi i casi è molto difficile che un autore ponga un veto.
Magari può suggerire una track list diversa piuttosto che la rimozione di un
brano perché a suo giudizio è comunque ripetuto
o poco consono, ma succede raramente. E’ successo, ad esempio, nel caso di Lo Chiamavano Trinità. Il Maestro
Franco Micalizzi ha ultimamente approvato la nuova ristampa ma giustamente ci ha chiesto di rimuovere tre
o quattro brani che erano presenti nella
stampa precedente, questo per un motivo
logicissimo, perché erano di un’altra
colonna sonora che lui registrò subito dopo Lo Chiamavano Trinità. Siccome i
nastri non vennero tolti dalla moviola
quella musica andò a finire sul nastro etichettato Lo Chiamavano
Trinità. Coloro che lo ristamparono per la prima volta su cd, dopo ben trent’anni,
questa cosa non la intuirono ed infilarono tutto.
Il
Maestro Micalizzi ci ha tenuto a correggerla.
Franco Micalizzi |
Musicittà: Mi
sembra giusto. Prima mi hai accennato al
mercato estero, a quello anglosassone, quale è la differenza tra il mercato
italiano ed il mercato estero? E’ solo un fatto di numeri o vi è un modo
diverso di rapportarsi con la musica?
De Gemini: Direi
entrambe le cose. In ambito musicale cinematografico siamo molto apprezzati nell’Estremo
Oriente, in America e in Europa. In Italia ci sono più che altro delle sacche
di appassionati che hanno la volontà e la determinazione di andare a fondo nella
discografia di un particolare genere cinematografico o di un particolare
artista e ci danno molta soddisfazione diventando competenti ed appassionati.
All’estero c’è invece una certa curiosità, che è a prescindere: capita che la gente si interessi ad un artista e compri qualche titolo: o perchè la copertina del disco avendo un fascino ancestrale crea quasi un imprinting oppure perché hanno sentito qualcosa su quel particolare compositore e avendo ognuno di questi autori uno stile abbastanza originale rispetto agli altri, allora sono intrigati dallo scoprire un nuovo tassello della sua discografia.
All’estero c’è invece una certa curiosità, che è a prescindere: capita che la gente si interessi ad un artista e compri qualche titolo: o perchè la copertina del disco avendo un fascino ancestrale crea quasi un imprinting oppure perché hanno sentito qualcosa su quel particolare compositore e avendo ognuno di questi autori uno stile abbastanza originale rispetto agli altri, allora sono intrigati dallo scoprire un nuovo tassello della sua discografia.
Ma
sicuramente è anche una questione di numeri. L’America rimane sempre un mercato
importantissimo. C’è poco da fare. Sono 300 milioni di abitanti mentre in Italia siamo solo 50 milioni, la
statistica non è un’opinione ed ha una base di calcolo abbastanza
imprescindibile. Comunque gli americani hanno anche una cultura musicale che
storicamente tende ad andare più a fondo rispetto a questi cosiddetti fenomeni di
nicchia e questo ci procura
soddisfazioni importanti.
Musicittà: Negli ultimi anni abbiamo assistito alla
riscoperta del vecchio supporto del vinile, il mai dimenticato lp a 33 giri. Ho
notato che nel vostro catalogo, in particolare nelle nuove proposte, non è
presente. Avete eventualmente l’intenzione di pubblicare qualche titolo su
questo supporto?
De Gemini:
Personalmente io adoro il vinile perché allo stato attuale dell’arte, e qui dirò
qualcosa che forse mi rovinerà la reputazione, io trovo che sia il modo di
incidere musica più coinvolgente che sia stato mai creato. Però sia chiaro che
io mi riferisco al vinile realizzato con un banco analogico, non ad il vinile
di oggi che ha alla base una trattazione digitale e viene poi riversato sul vinile,
subendo così durante la lavorazione una compressione. Il vinile dell’epoca invece
aveva un calore ed una dinamica audio
che io non riscontro nella perfezione della musica digitale di oggi.
Detto
questo, il vinile sta attraversando un periodo di colpo di reni, dopo che è
stato messo ko dalle nuove tecnologie. C’è una sorta di riscoperta, ma purtroppo
temo che sia più rumore che sostanza. Però devo constatare con piacere che ci
sono mercati che apprezzano molto il vinile, e sono sempre quelli di lingua
anglosassone. Ci sono catene In Inghilterra che sono specializzate nella
distribuzione del vinile nei negozi e anche nelle Americhe ultimamente stiamo
facendo delle licenze interessanti riguardo ad alcune colonne sonore che vengono ristampate su vinile. Questo per
dirti che la Beat Record, per tanti motivi, potrebbe essere interessata alla
ristampa del vinile: il primo motivo è prettamente sentimentale, visto che è il
formato su cui è nata l’azienda, inoltre la resa grafica delle buste dei vinili
è sicuramente sbalorditiva rispetto al dettaglio ridotto del compact disc. Infatti la grafica del cd, per quanto può essere realizzata bene, ha sicuramente un impatto inferiore. Il
problema del vinile è che richiede degli investimenti e soprattutto delle
conoscenze a livello distributivo che non sono banali. Cioè, non è perché noi
abbiamo un back-ground di un certo tipo e decidiamo di pubblicare un prodotto
su vinile, possiamo quindi essere certi che rientreremo come minimo delle
spese. Il disco va veicolato in un certo modo, con una certa attenzione. Per fare una metafora mangereccia: mettiamo
che un macellaio voglia vendere
anche pizzicheria, lui ha i clienti che cercano la carne. Potrebbe vendere
anche pizzicheria ma prima deve
espandersi. E’ una cosa che stiamo vagliando. Non escludo che comunque nei
prossimi anni la Beat torni a produrre vinile.
Musicittà: A proposito di futuro, considerando il recente avvento delle nuove tecnologie
digitali su internet ed il generale calo delle vendite dei compact disc, quale
è il futuro prossimo per il settore?
De Gemini: Per quanto ci riguarda, penso che continueremo
a produrre cd per diversi anni. Il supporto fisico è comunque una cosa a cui gli appassionati
faticano a rinunciare. Il cd prodotto con tutti i crismi è un oggetto da
salotto, un oggetto che riempie non solo lo spazio fisico ma anche quello
interiore, una cosa con cui amiamo circondarci.
Sapendo
quindi che la gente ama circondarsi di questi oggetti fisici, magari corredati
da un booklet curato che presenti anche interessanti interventi degli addetti
ai lavori, che possono essere un regista o un compositore e consapevoli che
questo viene molto apprezzato dai collezionisti, ritengo che il cd avrà ancora
molto da darci.
Detto
questo, quando il cd avrà il fiato corto passeremo ad altri supporti e
memorizzazioni digitali, noi cercheremo comunque di dare alla gente la
possibilità di avere queste vere e proprie opere d’arte, corredate da tutta
quella serie di gadget che renderanno unico
il prodotto anche se scaricato da
internet o comprato su supporti di
comunicazione diversa. Cercheremo quindi
di dare sempre una dinamica a 360 gradi al prodotto.
Da
questo punto di vista ritengo che il Cd abbia almeno altri 5 anni di vita, se
non qualcosa in più.
Musicittà: Bene,
allora speriamo qualcosa di più!
Per conoscere il catalogo della Beat Records Company: Clicca Qui
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